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La nostra Cecilia

La nostra Cecilia - CECILIA YOUTH CENTRE

Questa è la storia di Cecilia e dei suoi genitori che felici e grati al loro destino stavano trascorrendo alcuni giorni al mare.

Proprio lì Cecilia, una bimba stupenda di 13 mesi,  alle 7 della sera ebbe la sua prima febbre, alle 10 fu portata al pronto soccorso dell’ospedale e dimessa senza una diagnosi particolarmente preoccupante, ma la mattina seguente moriva per una meningite fulminante.

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Cecilia, arrivata dopo oltre venti anni di matrimonio, aveva rappresentato per noi la realizzazione di un desiderio troppo a lungo rimasto inappagato.

Fu proprio quando il nostro cuore cominciò a mostrare i primi cedimenti all’inesorabile idea che non avremmo avuto figli, che arrivò Cecilia, una bimba splendida e affettuosa da sembrarci uscita da un sogno.

La nostra vita, a quel punto, si illuminò di nuovi ed ormai inimmaginabili orizzonti: il mondo ci sorrideva e noi sorridevamo a lui, la nostra gioia non aveva più confini ed andavamo ripetendo che, fra le cose di questo mondo, non ci mancava più nulla.

È stato proprio nel momento più felice e significativo della nostra vita che si è abbattuta, in poche ore, la disgrazia.

Proprio sulla persona più cara ed indifesa, proprio su chi aveva dato un senso nuovo alla nostra vita e alla nostra storia, proprio su chi rappresentava il nostro futuro e su chi  eravamo pronti a passare il testimone della nostra esistenza.

Un destino crudele ci ha trascinati a forza da un assolato e giocoso pomeriggio di sabbia e di secchielli ad un gelido e muto obitorio.

Quello che avremmo giurato sarebbe stato il nostro futuro era lì immobile davanti a noi:un ultimo sorriso inanimato restava scolpito sul suo visino di angioletto furbo a contrastare inutilmente il gelo delle pareti di un luogo estraneo ed inospitale.

Solo una Madonna addolorata col figlio sulle ginocchia, posta alle spalle di Cecilia,  era con noi a condividere l’assurdità dell’accaduto.

Come si poteva tornare indietro? Sì, ecco, indietro solo di qualche ora, giusto il tempo di riscrivere una storia che senza dubbio si era sbagliata, una storia che certo  non era stata scritta così e che così non poteva finire!

Una buia lacerazione nel cuore e nella testa ci stava dicendo che quel corpicino si sarebbe raffreddato alla svelta togliendoci ogni speranza di tornare indietro!

 

Indietro non si torna

Indietro non si torna - CECILIA YOUTH CENTRE

 Indietro non si torna, per nessun motivo, anche quando trovi assolutamente indifferente che il mondo giri o meno, che ti trovi in un luogo o in un altro, che sia mattina o sera.

Anche  quando hai perduto tutto tranne la tua disperazione che, come un’ombra crudele, non ti molla mai e anzi sembra abbia preso il tuo posto: HAI UNA NUOVA IDENTITA’ TU SEI LA TUA DISPERAZIONE. Allora ti accorgi che ti si presentano due possibilità:

una disperazione di morte, dove il senso di ingiustizia ti pervade e ti domina, lasciando un marchio indelebile nella tua esistenza; oppure, se hai il coraggio di farti penetrare e attraversare dal dolore, lasciare che questo si impossessi di te e di tutto ciò che ti è vicino.

Così facendo, piano piano il dolore, diradando le sue nebbie di morte, fa in modo che una luce nuova illumini la tua esistenza, scoprendo così che la tua vita, massacrata e calpestata, non è finita, anzi, ha ancora molto da dire e da vivere per te e per gli altri. Scopri allora che anche il dolore può avere un senso, se abbiamo il coraggio di vederlo: quello di renderci più vivi e più attenti alla sofferenza altrui...

Scopri anche che  questo mondo apparentemente individualista e cinico è invece pieno di persone desiderose di aiutarti a portare un pezzo del tuo dolore...

Scopri infine che coloro che credevi sconosciuti  in realtà da tempo camminano al tuo fianco, pronti ad aiutarti e pronti a condividere con te un grande progetto di vita:

la solidarietà verso chi fino a poco prima ci era estraneo e da lì in poi sarà invece il più sincero Amico.........

 

 23 aprile 2007

primo anniversario della sua morte: parte il Progetto “A CASA DI CECILIA”, segno tangibile di una possibile generatività anche di una perdita così dilaniante come quella di una figlia, la nostra amata CECILIA.


 

 

La storia secondo Padre Piergiorgio Gamba

La storia secondo Padre Piergiorgio Gamba - CECILIA YOUTH CENTRE

E questa è la storia di Cecilia, una bambina italiana venuta a vivere in Malawi.

"C'è in Africa un paese quasi sconosciuto.
Sono pochissimi a sapere dove si trova e fino ad oggi è rimasto quasi un segreto.
Ha un lago grandissimo lungo oltre seicento chilometri, ci sono montagne bellissime fino a tremila metri dove anche durante la stagione arida i ruscelli mantengono la vegetazione lussureggiante.La grande parte del paese è formata da altipiani senza confini dove lo sguardo si perde ll'infinito.

È la savana dove il paziente lavoro dell'agricoltura ancora fatta tutta a mano riesce a dare un raccolto che negli anni buoni, quando le piogge sono abbondanti, riesce a sfamare la sua gente.

È un paese da sogno dove la notte le stelle sembrano così grandi e così vicine che sembra facile toccarle.
In questo paese, all'insaputa di tutti, si sono radunate tante tribù provenienti da paesi anche lontani. I guerrieri Angoni sono venuti dal Sud Africa; la grande tribù degli Achewa, famosi perchè da sempre sanno fondere il ferro nelle fornaci, sono arrivati dal Congo; gli Ayao, musulmani e tristemente famosi perché hanno dominato il mercato degli schiavi, sono entrati in Malawi dal Mozambico ... assieme ad altri clan minori.

Da tutto questo incontro è nata la nazione che si chiama Malawi e vuoi dire "fiamme di fuoco". La gente di questa nazione vive per la maggior parte nelle capanne di paglia, va al fiume a prendere l'acqua e nella foresta a raccogliere legna per il fuoco e erbe e frutti commestibili per sfamare la grande tribù.

Sono dodici milioni di abitanti. E sono abitanti poveri anche se abitano in un paese che assomiglia al paradiso.

Poveri perchè non ci sono materie prime e poveri perchè non ci sono posti di lavoro. Questo obbliga tanti papà ad emigrare o ad accontentarsi del poco che l'agricoltura troppo semplice riesce a produrre. La vita in Malawi si ferma a trentanove anni. Una media non invidiabile che dice di tante malattie che sembra impossibile debellare. La peggiore è la malaria che tra i più piccoli fa strage quando la febbre va oltre i quaranta gradi e si trasforma in menengite.

Portata poi da queste grandi emigrazioni è giunta la terribile diffusione dell'AIDS. Assieme alla tubercolosi sta letteralmente portando via soprattutto i genitori, papà e mamme e nel paese il numero degli orfani cresce all'inverosimile.

Ci sono già oltre un milione di bambini e bambine che crescono senza genitori, in case di parenti e amici, ma senza l'esperienza che nessuno potrà mai sostituire, di avere dei genitori che ti vogliono un bene dell'anima. I missionari che da tantissimi anni sono in Malawi si stanno impegnando in mille modi ad essere vicini ai ragazzi e in particolare agli orfani. Si sono costruite molte scuole e ultimamente anche tante scuole materne dove in particolare, oltre all'insegnamento, si vuole garantire un pasto sufficiente per tutta una giornata, sapendo che a casa a volte i bambini mangiano a giorni alterni.

Sono stati aperti anche grandi e piccoli ospedaletti per garantire una minima assistenza sanitaria e per questo facciamo ricorso anche all'aiuto che le erbe medicinali possono dare.
Quello che sta  avvenendo è una gara di solidarietà per aggiungere anni alla vita fragile dei bambini più poveri. Bambini che dopo le ore spese a scuola non hanno mai fretta di tornare a casa, alzando le spalle dicono" tanto non c'è nessuno che ci aspetta".

Un proverbio del Malawi ricorda il dolore di chi non ha più i genitori "le lacrime degli orfani cadono a terra perché non c'è nessuno che le possa asciugare".
Volevamo costruire una casa dove questi ragazzi sappiano di essere sempre accolti. Volevamo ritagliare dai nostri campi uno spazio che diventi il villaggio di tutti gli orfani.

È lo Youth Center. Il Centro della Gioventù di Balaka, con una biblioteca per lo studio, sale per gli incontri, campi da gioco e soprattutto tanto spazio dove stare con gli amici, lavorare, imparare e,anche giocando, costruirsi un domani migliore. I ragazzi sono andati al fiume a spalare la sabbia, sulla collina a raccogliere i sassi per le fondazioni e le ragazze hanno riempito i vasconi d'acqua.

Volevamo fare in fretta perchè sono già troppi i ragazzi finiti sulla strada a chiedere l'elemosina o a intrufolarsi nel mercato per rubare qualcosa da mangiare; e diventano così gli street boys, ragazzi che non torneranno mai più a casa, non finiranno mai gli studi e saranno persi per sempre.

Ci mancava il cemento per la costruzione e il ferro per i pilastri. Ci mancava la possibilità di pagare gli operai ... ma non potevamo fermarci per non perdere più nessuno per strada. Ci serviva un aiuto per continuare. Ma soprattutto sentivamo l'importanza di avere con noi qualcuno che ci accompagni in questo progetto di dare una casa e un centro di incontro alle migliaia di ragazzi africani che vogliono continuare a vivere. Cercavamo un santo protettore che ci desse una mano. 

Abbiamo chiesto a una bambina che troppo in fretta è andata in cielo di venire a giocare  con noi. Aspettandola tutti i pomeriggi dall'una alle sei quando diventa buio e il sabato e la domenica tutta la giornata. Ora la vediamo correre e divertirsi, cantare e danzare come fanno le ragazze africane.

Con noi é a casa e nel nostro villaggio é al sicuro. E' bello sentirla raccontare di un villaggio su in paradiso che si raggiunge dopo tanto allenamento qui in terra. È il dono di Dario e Paola. È il loro dono per l'Africa. Un regalo che continuerà a vivere nel tempo e permetterà alla festa di ricominciare ancora. Grazie per aver pensato a questo paese sconosciuto.

Grazie da noi orfani del Malawi che abbiamo una sorellina che ci protegge.
Grazie a nome di tutti i missionari del Malawi e della schiera infinita dei volontari ".

 

 


 

 La solidarietà aiuta da subito chi ad essa si avvicina.
Essa è generosa per definizione e ripaga con gioia chi in essa crede.


mamma Paola e papà Dario
con la piccola e sorprendente AGNESE nata il 12 Aprile 2007

“Ogni giorno ti cerchiamo, e con meraviglia e stupore, 
ogni giorno ti ritroviamo nelle cose belle della vita.
Grazie per i sorrisi benevoli e fecondi
che continui a donarci ”


 

IL PROGETTO : La Casa di Cecilia

IL PROGETTO : La Casa di Cecilia - CECILIA YOUTH CENTRE

La  casa di Cecilia è  uno di quei  luoghi  in cui  le multiformi espressioni  di sofferenza  e  privazione  tipiche del Continente Nero  trovano  accoglienza e conforto,  grazie all’ impegno di uomini e donne e di quella misteriosa Presenza che rende l’ Africa un posto del tutto speciale. Un posto che fa esclamare ai molti che ad esso hanno dedicato la propria vita: “Dio abita qui”

Lì le bambine e i bambini sanno di trovare  un luogo in cui affetto e apprendimento permettono loro di tornare a cercare i propri sogni e di trovare quella speranza e quel sorriso che sono un diritto per tutti i bambini del mondo

Li , Dario e Paola sanno che la loro piccola Cecilia continuerà a vivere, grazie a  quei sorrisi che ci ricordano che la felicità abita dove la sappiamo cogliere.

La Casa di Cecilia è un centro di aggregazione giovanile nato da un progetto elaborato dai Padri Monfortani presenti da anni in Malawi per venire incontro alle necessità di assistenza dei moltissimi orfani  a causa della tragica epidemia di AIDS.

Rivolto a bambini e ragazzi di Balaka nel Malawi, è stato concepito ed edificato  secondo le necessità evidenziate  dalle esperienze di chi da moltissimo tempo  si trova a conoscere le esigenze e condividere  la propria vita con quella delle popolazioni locali.

Nel centro sono presenti oltre  agli immancabili campi di basket e volley, spazi per l’incontro e la preghiera, una grandissima capanna in grado di accogliere le feste e le esibizioni di ballo e teatro, bagni e docce che, oltre a rispondere evidentemente ad un’esigenza pratica, contribuiscono nell’educazione all’igiene personale.

Il vero fiore all’occhiello del centro è però costituito dalla nuovissima e fornita biblioteca che conserva un tesoro ancora più prezioso del cibo: il libro. Anche nella scuola i libri sono rari al punto di rendere difficile la loro consultazione, ma il futuro di questi ragazzi e del loro popolo sarà tanto meno cupo quanto più avranno accesso alla cultura.

Anche per questo alla Casa di Cecilia sono state costruite alcune “capanne” con la funzione di aule di lettura e insegnamento  che vanno ad integrare il  corpo principale della libreria.

Alla Casa di Cecilia operano educatori locali che di concerto con i Missionari Monfortani e  varie operatrici volontarie italiane, che si alternano nella loro presenza, forniscono ai piccoli ospiti un indispensabile supporto nella loro formazione.

Il centro è anche il luogo che i ragazzi più grandi hanno spontaneamente eletto come posto di incontro e riferimento sia per lo studio che per lo svago.

L’importanza e la particolarità della Casa di Cecilia ha richiamato anche l’attenzione dell’ ambasciatore italiano in Malawi e Zimbabwe   Giovanni  Ceruti,  che ha presenziato all’inaugurazione della biblioteca tenutasi a ottobre 2009 e che vediamo, accompagnato dalla moglie,  al suo ingresso alla Casa di Cecilia.

Nel frattempo le donne del paese con il loro senso pratico e la predisposizione  tipica femminile, ancor più evidente nelle  africane,  ad essere in relazione,  utilizzano la Casa di Cecilia come luogo di incontro e di confronto, di condivisione e reciproco supporto.

La Casa di Cecilia si sta affermando come uno di quei  luoghi  in cui  le multiformi espressioni  di sofferenza  e  privazione  tipiche del Continente Nero  trovano  accoglienza e conforto,  sia spirituale che materiale, grazie all’ impegno degli uomini e di quella misteriosa Presenza che rende l’ Africa un posto del tutto speciale. Un posto che fa esclamare ai molti che ad esso hanno dedicato la propria vita: “Dio abita qui”